Sarà stata la presenza di un illustre giornalista (oltrechè scrittore e insegnante) come Anton Giulio Barrili, di formazione calasanziana come decine di generazioni, che ha trasformato i carcaresi in cittadini a cui piacciono le risse mediatiche? Dopo il ciclone che ha investito il paese valbormidese sul caso dell'ordinanza emessa nei giorni scorsi dal sindaco Franco Bologna per vietare la dimora, anche temporanea, di migranti africani e asiatici sul territorio comunale sprovvisti di certificato sanitario, se si guarda al passato di "tormentoni" discriminanti e singolari Carcare ne ha vissuti altri, contro la Giunta di centro sinistra guidata da Franco Delfino. Ad esempio nel 2001, lo stesso sindaco di oggi che allora era all'opposizione, insieme all'ex consigliere regionale Maurizio Torterolo, aveva sostenuto un gruppo di cittadini che non voleva l'insediamento di un centro per disabili psichici in via Dufour. Pagine di giornale erano state scritte per questa battaglia, terminata poi con l'apertura della struttura gestita da una cooperativa e tuttora esistente. Ma non è tutto. Facendo un altro passo indietro di pochi mesi, nel 2000, l'allora consigliere di minoranza Rodolfo Mirri, oggi segretario del circolo Pd, ma all'epoca dei fatti eletto in una lista civica targata centro destra, di cui faceva parte lo stesso Bologna, aveva dato un grande contributo, in termini di argomenti, alla carta stampata con la sua (e di Giancarlo Core) interrogazione sulla famiglia di zingari (come si è sempre definita con orgoglio) che vive tuttora sulle sponde del fiume, perfettamente integrata da decenni. Secondo Mirri non si trattava di discriminazione ma di una riflessione per far sì che non accadessero fatti spiacevoli nel campo nomade, ai danni degli stessi abitanti, ma il documento riportava quanto segue: "chiunque scelga di vivere in una qualsiasi società deve innanzitutto rispettare le regole e adattarsi, e pertanto gli zingari accampati nella piana del Mulino non possono continuare a fingere di vivere una propria cultura". Una presa di posizione che aveva poi scatenato i carcaresi, molti dei quali si erano mobilitati con una petizione di oltre un migliaio di firme per chiedere di liberare la famiglia Sacco, di origine piemontese, dalla gogna mediatica e di non discriminare chi era benvoluto dalla comunità. Insomma, la storia è ciclica, finora si è sempre risolto tutto con il buon senso, sarà quindi per questo motivo che molti residenti non si stupiscono di essere eccessivamente al centro dell'attenzione?
Enrica Bertone
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